Non si vince mai per caso. Soprattutto in un campionato di quattordici gare, nella massima serie del motociclismo. Si dice che il campione abbia sempre ragione, ed è proprio così. Chi vince ha fatto qualcosa meglio di tutti gli altri. E Joan Mir si è preparato meglio di tutti a farlo.
Per guadagnarsi il diritto a portare il numero 1 inseguito da tutti non basta partire favoriti, e non basta essere veloci. Bisogna crederci sempre, soprattutto nei momenti difficili. E lavorare su ogni minimo dettaglio. Fa la differenza tra arrivare fra i primi, e superare tutti - anche se stessi.
La storia di Joan Mir è questa. Da inseguitore dietro i riflettori, al tetto del mondo. Joan è uno di quelli con il fuoco dentro. Tranquillo e mite fuori dalla pista, una volta in sella la concentrazione raggiunge l’apice. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
La sua crescita costante ha portato Joan a maturare ad ogni gara e realizzare il suo obiettivo. Il talento da solo non basta: ce l’hanno in tanti, ma solo uno vince. Servono preparazione, duro lavoro per migliorarsi ad ogni giro e sacrifici.
Il titolo in Moto3 nel 2017 è solo il preludio: nel 2016 il debutto a tempo pieno nel motomondiale, con la prima vittoria a metà stagione in Austria. L’anno successivo un dominio incontrastato, fatto di dieci successi. Il 2018 nella Moto2 è un periodo di transizione: dopo poche gare arriva la firma che lo porta in MotoGP nel 2019.
Il debutto tra i grandi non è semplice, ma Joan sa di non essere lì per caso. Nel 2020 bastano pochi gran premi per iniziare a raccogliere i frutti. Arrivano il primo podio, una vittoria sfiorata e poi ancora podi. Una consistenza che lo definisce come favorito.
Joan ha mostrato doti interiori che in pochi possiedono. Soprattutto la capacità di sopportare la pressione nel momento più difficile: “Questo è il mio lavoro ed è bellissimo, le vere pressioni sono altre.”
A tre gare dal termine della stagione, quando la classifica gli era già favorevole, anche senza un Gran Premio vinto ha sempre saputo cosa lo ha portato al comando, e ha sempre saputo cosa gli mancava per vincere. Al momento giusto lo ha trovato e ha messo le mani sul titolo. Una crescita personale e sportiva superiore, che esprime tutto il suo pieno potenziale umano.
Non ci sono mete irraggiungibili. Se si può immaginare si può fare, e se si può fare, bisogna prepararsi per farlo. Joan lo ha fatto.
Complimenti, Campeon.