Non solo in pista o nei lunghi viaggi in sella. Le calzature da moto certificate sono di fondamentale importanza anche (e soprattutto) in città. Ovvero su quei percorsi dove, dati alla mano, è più facile che si verifichino degli incidenti, anche banali, che possono mettere a repentaglio il piede e le sue articolazioni. È importante comprendere come non sia necessaria una caduta per incappare in infortuni ai piedi o alle caviglie, senza l’utilizzo di adeguata protezione. Basti pensare a tutte le volte che appoggiamo i piedi a terra, ad ogni sosta, incrocio o semaforo, senza la dovuta cautela. È sufficiente un attimo di distrazione per pentirsi di non aver indossato un paio di calzature adeguate, anche senza cadere.
Oggi esistono calzature di ogni genere che coniugano le esigenze della comodità con quelle dello stile e della sicurezza, e permettono quindi di affrontare un breve viaggio in moto o scooter, nel percorso casa-lavoro così come nel tempo libero, senza doversi preoccupare del comfort e della praticità d’uso. Che si tratti di uno spostamento urbano o di un giro in collina domenicale, si può sempre trovare la scarpa adatta, dalla sneaker più sobria alla calzatura alta sportiva, perfetta anche per uscite più impegnative.
Non basta avere indosso uno stivaletto alto, o un anfibio, per essere protetti da un incidente o da una banale scivolata su due ruote? La risposta è No: le scarpe tecniche da moto, a differenza di qualsiasi calzatura casual o scarponcino, sono dei DPI, dei dispositivi di protezione individuale, e come tali sono disciplinati da una normativa europea di riferimento, in questo caso la EN 13634:2017.
Le calzature da moto rientrano nei DPI di Categoria 2, i cosiddetti prodotti a medio rischio. I DPI di Categoria 1 sono i prodotti a basso rischio che non richiedono una certificazione, ad esempio i guanti da giardinaggio, mentre i prodotti di Categoria 3 sono quelli ad alto rischio, come ad esempio gli stivali dei vigili del fuoco.
Le calzature certificate devono superare una serie di test di laboratorio che riguardano, fra gli altri, l’abrasione da impatto, il taglio da impatto, la rigidità trasversale, il distaccamento della suola, la resistenza all’abrasione della fodera interna. L’ente notificato che si occupa della certificazione provvede a smontare letteralmente la calzatura, in modo da poter effettuare i test sui singoli componenti e materiali.
Il test di abrasione da impatto serve a simulare l’abrasione della calzatura sull’asfalto e prevede che un campione di materiale della tomaia, o una composizione di materiali (ad esempio microfibra esterna, strato intermedio di rinforzo e fodera interna), venga messo a contatto con un nastro di carta abrasiva grana 60 in movimento alla velocità di 8 m/s e ne venga verificato il deterioramento. Per raggiungere la certificazione di livello 1 il campione deve resistere per almeno 5 secondi, per il livello 2 12 secondi.
Per la prova di rigidità trasversale la scarpa o stivale viene posizionata sotto ad una pressa che tenta di schiacciarla trasversalmente, di fatto si misura la resistenza della suola alla deformazione quando viene impresso un carico su di essa.
Il test di taglio da impatto prevede la caduta di una lama sul provino (che simula sempre il prodotto finito, è quindi una composizione di materiali). La lama cade ad una velocità di 2,8 m/s e si verifica la profondità in mm cui la lama è penetrata. Non oltre i 25mm per la certificazione di livello 1, non oltre i 15 per il livello 2.
Il test di abrasione della suola funziona analogamente a quello di abrasione da impatto. Una prova simile mette a contatto un campione della suola con una superficie ruvida in movimento, per verificarne la resistenza in caso di strisciata prolungata sull’asfalto.
La prova di abrasione Martindale verifica invece la resistenza della fodera interna, simula quindi l’usura dovuta allo sfregamento contro il piede o il calzino nell’utilizzo prolungato. Il test simula un’usura paragonabile a circa 25.600 cicli.
Per ottenere la certificazione viene effettuato il test di distacco tra suola e tomaia, per verificare la tenuta dell’incollaggio tra le varie parti e quanta forza sia necessaria per letteralmente strappare via la suola dal resto della scarpa.
A seconda dell’esito delle prove, le scarpe da moto guadagneranno o meno la certificazione, e l’indicazione del livello protettivo. Quelle che vengono promosse riportano sulla parte inferiore della linguetta un pittogramma che le identifica come certificate. Su di esso è riportata la normativa di riferimento e il livello finale, che sarà di tipo 1 o 2 a seconda della loro capacità protettiva. Quelle di tipo 2 saranno quindi più protettive di quelle con certificazione di tipo 1.
Sull’etichetta sono riportati quattro diversi numeri: il primo numero indica l’altezza della tomaia, il secondo indica il livello dell’abrasione da impatto, il terzo il taglio da impatto, il quarto la rigidità trasversale. I quattro test che più rendono l’idea della capacità protettiva della calzatura in esame.
È bene notare che ogni scarpa o stivale non è necessariamente tutta di Livello 1 o tutta di Livello 2: ogni test viene valutato singolarmente. Esclusa la valutazione sull’altezza della tomaia, sarà quindi possibile avere, ad esempio, una scarpa che raggiunge il Livello 2 nei testi di abrasione da impatto e taglio da impatto, ma solo il Livello 1 nel test di rigidità trasversale: tutto ciò può essere facilmente compreso leggendo l’etichetta.
Ciò che l’etichetta non spiega è la sicurezza attiva fornita da una scarpa o stivale. Soprattutto in alcune calzature, come gli stivali da pista più avanzati tipo i Dainese Axial D1, la leggerezza complessiva e la libertà di movimento possono portare ad un livello di sicurezza globale più alto rispetto alla semplice protezione e resistenza ad impatti e tagli. Il motivo è semplice ma non banale: la libertà dell’articolazione e il perfetto controllo sui comandi della moto in quegli specifici contesti rendono meno probabili incidenti o situazioni di pericolo. È proprio questa che chiamiamo sicurezza attiva: la capacità di un protettore di limitare la possibilità del verificarsi di un incidente.
Prendendo ancora come esempio lo stivale Axial D1, lo stesso indossato dai piloti di MotoGP, è bene spiegare perché raggiunga “solo” la certificazione di Livello 1 in alcune delle prove effettuate, come ad esempio quelle relative all’abrasione da impatto e al taglio da impatto. In questi test viene preso in esame, come detto, un campione della tomaia del prodotto finito. Nel casco dell’Axial D1 non viene però considerata la struttura rigida ed altamente protettiva in fibra di carbonio presente all’interno della tomaia stessa. È facile comprendere come, tutto considerato, uno stivale di questo tipo possa offrire un livello di protezione difficilmente eguagliabile.
Che si prediligano scarpe tecniche o stivali, da scegliere in base all’utilizzo che si fa della moto, è fondamentale prestare attenzione a ciò che si indossa. Anche su piedi e caviglie, spesso trascurati in fatto di protezione. Una calzatura certificata può davvero fare la differenza e non solo in termini di sicurezza, ma anche di confidenza sui comandi e di controllo complessivo del mezzo.