Sofia Goggia, classe 1992, è atleta di Coppa del Mondo e campionessa olimpica di Sci. Ha collezionato fin ora sette vittorie in Coppa e nel 2018 ha vinto la medaglia d’oro di discesa libera alle Olimpiadi di Peyong Chang. Conta anche due medaglie iridate guadagnate ai mondiali di St. Moritz, bronzo in gigante, e di Åre, argento in super G. Sofia racconta per Dainese come si svolgono i suoi allenamenti estivi in vista della nuova stagione, gli obiettivi personali e la preparazione mentale che c’è dietro un’atleta di calibro mondiale.
«La fine della stagione è il momento per noi atleti di goderci una meritata pausa. Non serve solo a far riposare il fisico dopo un inverno intenso. È importantissimo fare un’analisi lucida, distaccata e completa della situazione. È necessario esaminare cosa sia stato fatto bene e quali siano stati gli sbagli commessi. Solo così si può capire su quali aspetti insistere e dove invece serve un reset per ripartire e migliorare. Per uno stacco completo quest’anno mi sono concessa una bella vacanza al caldo delle Maldive!
Dopo i giorni al mare, dal mese di maggio ho impostato il lavoro estivo. La preparazione la faccio a Verona con Flavio di Giorgio. Flavio mi propone allenamenti di altissima qualità, volti non solo alla preparazione in senso stretto. Lavoriamo anche tenendo a mente la longevità del mio fisico, soprattutto delle mie ginocchia. Ho un processo degenerativo in corso più veloce del normale, ma questo è dovuto principalmente alle tante sollecitazioni che sopporto nel mio sport e alle operazioni che ho subito negli anni.
Nel periodo di preparazione atletica a Verona faccio sempre venti minuti di attivazione prima di colazione, poi mi alleno dalle 8 alle 11:30. Per il secondo allenamento di giornata cerco qualità e riposo. Dalle 16:30 alle 19 pratico attività accessorie rispetto alle abilità che si allenano in palestra, che sono forza, potenza e agilità. Di solito scelgo tra pattini, skiroll e bicicletta. Attività secondarie che siano un buon allenamento ma che permettano anche di staccare la testa e di divertirmi un po’.
A giugno, finalmente, sono tornata in pista allo Stelvio con il programma dato dalla Federazione. Qui la routine è cambiata decisamente. Ci sono state mattine in cui abbiamo sciato molto presto. Facciamo allenamenti di velocità tipo il super G e di conseguenza è necessario occupare tutta la pista. Per questo aprono gli impianti alle 5:20 e sciamo fino alle 8, in modo da non interferire con il turismo.
Quando ci alziamo così presto tutta la giornata va di pari passo con l’allenamento. Torniamo in hotel e mangiamo alle 12. Al pomeriggio ginnastica, poi un’ora di svago, la fisioterapia, l’analisi video dell’allenamento, andiamo a trovare gli ski men e in un attimo è già ora di cena. Dalle 5 alle 22 siamo davvero impegnati.
Il primo giorno ero un po’ agitata perché non mi trovavo con gli sci ai piedi dal 9 febbraio, giorno dell’infortunio al braccio di Garmisch. Mi sono sciolta rapidamente e ho ritrovato confidenza. All’inizio della trasferta allo Stelvio abbiamo fatto esercizi a campo libero per capire la direzione tecnica da intraprendere quest’anno. Il mio allenatore è Gianluca Ruffi e ho molta fiducia in lui, penso che abbia una visione del nostro sport molto rara. Tecnicamente io e le altre due ragazze del team élite stiamo andando in nella giusta direzione.
Quest’anno ho affrontato un cambiamento importante: il mio ski man dopo cinque anni ha deciso di cambiare vita. Ho dovuto costruire un rapporto umano e lavorativo con una nuova persona, Barnaba Greppi detto Babi, uno ski man bergamasco con tantissima esperienza. Assieme ci stiamo impegnando per tornare al massimo livello.
Allenare la testa è importante. Si dice anzi che la testa sia tutto. Io ritengo di aver vinto un’Olimpiade in condizioni fisiche disastrose. Però ero serena e tranquilla, consapevole di aver lavorato al meglio delle mie possibilità, soprattutto nei cinquanta giorni antecedenti la gara.
Io sono dell’opinione che, a un certo punto della carriera, la differenza la si faccia anche e soprattutto con il lavoro mentale, non più solamente con l’acquisizione delle competenze. È anche vero che chi cerca sempre qualcosa in più riesce a innovarsi e stare al passo coi tempi. Bisogna ricordare che ciò che un anno ti porta a certi risultati, l’anno dopo non basta più per raggiungere gli stessi risultati, bisogna sempre aggiungere qualcosa.
Leggo molti libri sulla crescita personale, cerco sempre di migliorarmi come persona. Pensando che in appena mezzo secondo su 3 km siamo in trenta ragazze, si capisce che quello che fa la differenza sono anche le soft skills, tutte quelle abilità e tratti caratteriali che inconsciamente sfruttiamo per interagire a livello relazionale con le persone. Io ad esempio sono testarda, ma sto cercando di essere più duttile, in questo momento sto cercando di migliorare questo aspetto della mia personalità. Lavorare anche su questi dettagli è ciò che può fare la differenza, per arrivare al cancelletto serena e pronta a esprimere tutto il meglio che ho nella testa e nel corpo.
Per trovare la pace dentro di me ho un luogo del cuore particolare. Ho una baita in Valle d’Aosta a 2200 metri di altitudine nel parco nazionale del Gran Paradiso. Non c’è l’elettricità né l’acqua corrente. Faccio luce con la lampada a olio e mi lavo nel torrente. Quando voglio riposare vado lì, è bellissimo. Non sempre riesco a ritagliarmi del tempo, ma ci provo sempre per almeno un paio di giorni. È il luogo ideale per staccare completamente la testa e scaricare lo stress.
Essere esigenti con sé stessi va bene, ma quando questo diventa un limite bisogna riuscire ad accorgersene e ritrovare il giusto equilibrio. Di recente ho scoperto anche la e-bike, mi piace tantissimo e voglio fare delle belle uscite in montagna tutti i fine settimana in cui sono a casa.»