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    Racconti e segreti di piste e duelli leggendari

    Di DemoneRosso | 29 gennaio 2021 | 1 min

    Ci sono aspetti che rendono alcuni circuiti mitici più di altriPer il tracciato, per le epiche battaglie tra piloti leggendari che hanno ospitatoPer imprese solitarie, per vittorie sudate o mancate per un soffio. Ogni pilota ne tiene nel cuore alcuni, teatri di successi, di sconfitte, di situazioni d’estasi o di profondo sconforto. 

    Abbiamo chiesto a Giacomo Agostini di raccontarci quali siano i circuiti che più gli sono rimasti dentro, per le difficoltà tecniche, per la velocità o per storie che sono rimaste indelebili nella sua mente. Ecco caratteristiche e aneddoti indimenticabili delle piste che più hanno segnato la vita e la carriera de15 volte campione del mondo. 

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    Monza (Italia)

    «Era la pista dove collaudavo la MV. Un circuito molto veloce, la media sul giro era di circa 190 chilometri all'ora. Mi piaceva molto, c'erano curve da brivido.   

    Ho un ricordo indimenticabile: nel 1966 a Monza ho vinto il mio primo mondiale con la MV 500 cc.  Dopo l'arrivo c’è stata una invasione di pista, e ho sempre nella mente il grande calore e affetto che il pubblico mi ha manifestato con grandi festeggiamenti.» 

     

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    Snaefell Mountain Course – Tourist Trophy (Isola di Man) 

    «Il circuito più difficile ed impegnativo al mondo. È una pista su una strada normalmente aperta al traffico, un giro sono 60 km e la più grande difficoltà è ricordarlo tutto a memoria. Se non pensi alla sicurezza, è la pista che ti  emozioni uniche, che nessun’altra ti può dare.  

    Nel 1967 al TT ha avuto luogo la grande battaglia tra me e Mike Hailwood, io con la MV e Hailwood con la Honda. Preciso che Hailwood era uno specialista, vinceva quasi tutte le gare lì all’Isola di Man, sia nella 125 che nella 250, così pure nella 350 e 500.  

    Nel Senior TT classe 500, abbiamo lottato per tutto il tempo e all'ultimo giro avevo circa 7 secondi di vantaggio. Sognavo una grande vittoria ma a pochi chilometri dal traguardo si ruppe la catena e persi quella grande occasione. Hailwood, alla fine, prima di salire sul podio, mi abbracciò dicendomi che moralmente ero io il vincitore. Per questo fu un grande sportivo e signore.» 

     

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    Assen (Olanda) 

    «Si correva dopo la gara del TT. Era un sollievo, la pista era più sicura e molto tecnica. Misurava circa 8 km con curve molto ampie e tecniche. Anche se era una strada normalmente aperto al traffico sembrava di correre in un vero autodromo. La gara si svolgeva di sabato, con circa 180.000 spettatori.  Il giovedì, primo giorno di prove, erano presenti circa 60/70.000 spettatori. Le tribune erano scoperte e nonostante piovesse di frequente nessun spettatore si muoveva dal proprio posto. 

    Ho dei ricordi meravigliosi soprattutto perché ad Assen ho vinto 14 volteUn ricordo amaro è stato quando in una gara della classe 500 ho lottato fino all'ultimo giro con Barry Sheene. Nelle ultime due curve ero in testa. Prima del traguardo, ormai convinto di aver vinto, sono stato superato da lui.  Forse, all'ultima curva, sicuro che ormai la vittoria sarebbe stata mia, mi sono deconcentrato. Ecco perché dico "mai mollare".» 

     

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    Spa Francorchamps (Belgio) 

    «Una pista con la media sul giro di circa 220 chilometri l’ora, la più alta in assoluto di tutte le piste del Campionato del Mondo. Solamente una curva da prima marcia, le altre erano tutte da 160 a 250 km/h.  Anche qui, come al TT, era proibito cadere. Era una pista lunga 11 km, molto pericolosa, con ai lati alberi e muretti. 

    Vinsi una gara sul bagnato. Pioveva talmente tanto che riuscivo a malapena a seguire la strada, al punto che vidi con gran difficoltà la bandiera a scacchi.  Non sapevo di aver vinto, mi sono reso conto solamente dopo aver tolto il casco e ricevuto gli abbracci dei miei meccanici.» 

     

     

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    Imola (Italia)  

    «Un tracciato impegnativo con salite e discese. Lo chiamavano il piccolo TTSi correva nella terra dei motori dove si viveva un calore ed una passione particolare. C'era una piccola collina prima del traguardo, chiamata collina umanaperchè era completamente coperta dal pubblico. Questo dava una carica ed un entusiasmo incredibile. Un particolare impegno ed emozione si sentiva quando affrontavi la curva del tamburello a circa 220/230 chilometri all'ora.    

    Nel 1974 c’è stata una meravigliosa lotta tra il sottoscritto, Read, Bonera e Sheene, durata per tutta la gara. Nell'occasione ho migliorato il record della pista per tre o quattro volte di fila, arrivando ad avere un vantaggio di circa sei secondi sugli avversari. Purtroppo a metà dell’ultimo giro sono rimasto senza benzina. Versai tante lacrime per il dispiacere di non aver vinto quella grande battaglia davanti al mio pubblico.» 

     

     

    Una manciata di circuiti mitici. Tutti ancora esistenti, ma, nella maggior parte dei casi, evoluti e ammodernati per andare incontro a mezzi sempre più performanti. Uno sviluppo di cui non sono stati protagonisti solo i mezzi meccanici e i tracciati. A guidare la metamorfosi sono stati alcuni piloti capaci di scrutare oltre l’orizzonte I più lungimiranti, come Agostini stesso e Barry Sheene, che raccolse lo scettro dell’italiano, intravidero i passi successivi in direzione di maggiore sicurezza e di maggiore professionismo nello sport. 

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