Quando ci si imbarca in moto su un traghetto è sempre una bella giornata. Se all’altro capo della rotta poi c’è l’isola più bella del Mediterraneo, di bene in meglio. Il classico passaggio ponte è la pena da scontare per gustare un’alba sul mare, dopo una notte insonne e tormentata dagli avvisi ai passeggeri “l’attracco è previsto alle ore…”."
Gli isolotti al largo del porto di Olbia illuminati dalla luce rosa del mattino fanno scomparire ad un tratto la stanchezza e il mal di testa. Sai che dopo lo sbarco c’è una terra da esplorare che ti aspetta. Cinque amici e un’approssimativa traccia gps, moto cariche di tenda e sacco a pelo. Unico punto fermo il biglietto di ritorno, di lì a dieci giorni.
La prima meta dopo lo sbarco in Sardegna, pasticceria per la colazione esclusa, è Tempio Pausania con il suo monte Limbara, meno di sessanta chilometri a ovest di Olbia. Dalla statale SS392 s’imbocca la Strada Provinciale 51 che sale a tornanti verso la cima del monte, alto poco meno di 1400 metri. Poco prima della ex base NATO, dopo circa otto chilometri, l’asfalto finisce e comincia la famigerata TET, la rotta del Trans Euro Trail, una rete di sentieri adatti alle maxi enduro che copre tutto il continente. Si apre un mondo.
Un mondo fatto di colori, profumi, scorci segreti, irraggiungibili se non con un paio di gomme tassellate. Paesaggi che spaziano dall’ambiente alpino alla macchia mediterranea, sentieri carrabili nascosti che ti fanno sentire un esploratore anche se hai lasciato l’asfalto da una manciata di chilometri.
Il borgo di Berchidda è il primo vero stop. Sullo sfondo il lago artificiale del Coghinas. Siamo a metà giornata, ancora senza una destinazione. La identifichiamo in Orosei, la strada è parecchia. Decidiamo di concedere una flessione all’intento avventuriero del nostro viaggio e prenotiamo due stanze di un bed & breakfast, in fondo è una vacanza e siamo reduci dal micidiale passaggio ponte.
Il Santa Maria Resort e la sua piscina appaiono come un miraggio dopo una giornata intera a mangiare polvere sulle spettacolari sterrate sarde.
Appena fuori dall’abitato di Oliena parte una lunga mulattiera a tornanti che punta l’altopiano del monte Corrasi e sale con crescente difficoltà. Condurre una maxi enduro su queste pietre mosse non è semplice, soprattutto se non dotati di adeguata gommatura, ma la vista di cui si gode dall’alto ripaga i minuti di fatica e tensione. Consigliabile solo a chi possiede buona esperienza di guida in fuoristrada. Per tutti gli altri vale comunque la pena un’escursione fin dove conduce il buon senso, tra boschi di lecci e antiche querce da sughero.
Tappa successiva è Orgosolo, famosa nel mondo per i suoi murales. Da qui la traccia prosegue verso sud. La seguiamo fino all’altezza di Arbatax, attraversando l’Alto Flumendosa nella zona del famoso ponte crollato e toccando il lago artificiale di Bau Muggeris. Il piazzale degli scogli rossi ci accoglie come un monumento, ma la sosta è breve perché ancora manca la meta definitiva per la notte. Le tende sono lì, aspettano solo di essere usate.
È quasi il tramonto, il cielo si colora d’arancione e rosa, un bagno è il massimo che si possa chiedere. Fermata al primo baracchino sulla spiaggia che incontriamo, qualche convenevole con i gestori che stanno chiudendo e il Tirreno è nostro. Ma se non fosse solo un bagno?
Una notte in riva al mare a costo zero? Basta chiedere. Quello Sardo è un popolo ospitale, un sorriso e ti vengono aperte le porte di casa come ad un fratello. Basta accennare timidamente alla possibilità di piantare le tende nel loro terreno e non solo decidono di tenere aperto per cena, per noi, ma ci affidano le chiavi del locale fino al mattino successivo.
Svegliarsi con il rumore delle onde è un sogno. Qui è un paradiso a giugno, i turisti sono pochi e tutto è tranquillo. Mezza giornata di riposo ci sembra il minimo sindacale, si tratta pur sempre di una vacanza.
Ci destiamo da un meraviglioso torpore solo nel pomeriggio. La rotta prevede di procedere ancora verso sud, in direzione Villasimius. Ad una cinquantina di chilometri da Arbatax è spettacolare lo scorcio di Porto Santoru, un porticciolo per il carico minerario ricavato ormai un secolo fa in un angolo suggestivo della costa sarda. Proprio da qui parte il successivo tratto di pista fuoristrada, non banale con una moto da oltre duecento chili, ma assolutamente imperdibile. Il sentiero segue la scogliera con tratti a picco sull’acqua smeraldo, mai esposti o pericolosi. Un saliscendi di rara bellezza che si snoda per non meno di dieci chilometri tra la macchia mediterranea e il mare.
Il successivo punto di riferimento è la Torre di Murtas, nel territorio comunale di Arzana, una fortificazione difensiva costruita probabilmente alla fine del secolo XVIII per far fronte alle minacce provenienti dal mare.
Oltrepassata Cagliari, la prossima fermata è Porto Pino, con le sue dune di Is Arenas Biancas, montagne di sabbia bianca modellate dal vento ad un passo dal mare. Questa zona si trova all’interno della base di Capo Teulada, la seconda area militare più estesa d’Europa, ed è per questo accessibile solo nel periodo estivo, durante il resto dell’anno è interdetta per le esercitazioni del poligono.
A Porto Pino è consigliato vivamente il ristorante La Barchetta, con il suo spettacolo pirotecnico di pesce cucinato sulle braci, in bella vista per i clienti. Che c’è di meglio per concludere una giornata tra moto e mare?
Se il sentiero sulla scogliera a sud di Arbatax è quanto di meglio si possa chiedere paesaggisticamente, il massimo dal punto di vista della guida fuoristrada lo avrete scendendo da Montevecchio alla spiaggia di Piscinas. Montevecchio è un antico sito minerario, abbandonato da ormai trent’anni ma in larga parte perfettamente conservato. Sembra di attraversare, e in effetti è proprio così, una città fantasma. Da non mancare.
Dal “centro” è possibile scegliere due percorsi di diversa difficoltà. La SP66 è una larga sterrata facilmente percorribile anche con pneumatici stradali. Non richiede abilità alla guida e offre la certezza di arrivare al mare in fretta e senza intoppi (dopo la miniera di Ingurtosu e Naracauli bisogna seguire la SP4). E non è la scelta giusta per chi ama complicarsi la vita.
Nella stessa direzione, ma svoltando a destra una cinquantina di metri dopo il chiosco di Montevecchio, s’imbocca una mulattiera in discesa consigliabile solo a chi abbia una buona tecnica di guida in fuoristrada, soprattutto se con moto bicilindriche. Guai a farsi ingannare dalle prime centinaia di metri: nel giro di un chilometro o due la strada si restringe. Giunta sul fondovalle diventa una spettacolare pista di sabbia mista a tratti pietrosi. S’incontrano numerosi guadi, qui è caratteristico il colore arancione vivo del torrente Rio Piscinas, a causa della grande quantità di ferro presente nel sottosuolo.
L’ultimo tratto corre interamente sul letto del fiume, ancora tra sabbia, pietre e acqua color ruggine. La guida qui è il massimo, la visuale è ampia e il fondo non è eccessivamente accidentato. Ci si sente tutti un po’ Edi Orioli o Franco Picco, tanto che quando si rincontra la strada principale verrebbe voglia di tornare indietro e fare un altro giro.
La stessa SP4, nella sua parte costiera che sale dalle Dune di Piscinas (da vedere!) a Portu Maga, rimane qualcosa di spettacolare pur senza richiedere particolare impegno, a meno di non affrontarla sotto il diluvio. S’incontrano comunque un paio di guadi, e se il torrente è in piena bisogna prestare una certa attenzione. Nulla di impossibile, ma in cattive condizioni non è per tutti.
La torre di Flumentorgiu è un altro monumento suggestivo, edificato nel secolo XVI per tenere d’occhio il mare ed eventuali incursioni navali dei corsari. Le dune alle spalle della spiaggia di Torre dei Corsari completano una splendida cornice. Non sai dove volgere lo sguardo.
Meta per il pranzo non può che essere il ristorante da Lucio a Marceddì. Marceddì è un villaggio di pescatori uscito da un dipinto dell’ottocento. Costruzioni basse di un solo piano, vie tra le case non asfaltate. Agli amanti delle mangiate di pesce: un pranzo di arselle (simili alle vongole) qui, a dieci metri dal mare, è qualcosa a cui non si può rinunciare. Non è improbabile trovarsi seduti a fianco di chi, quel mattino, ha pescato quello che hai nel piatto.
Per tornare verso nord, anche ai fuoristradisti duri e puri, la SP49 Bosa-Alghero che diventa poi SP105 è un nastro d’asfalto perfetto che corre per quarantacinque chilometri lungo la costa della Sardegna. Sale e scende dalle scogliere, sempre vista mare. Una gioia per i sensi.
Che c’è di meglio della Sardegna per un viaggio fuoristrada con una maxi enduro? Un equilibrio idilliaco tra asfalto tirato a biliardo, mulattiere, piste di ghiaia, macchia mediterranea e scorci d’ambiente alpino con il mare a far da sfondo. Venite qui una volta e ve ne innamorerete, tornateci e non potrete più farne a meno.
Per godere appieno dell’isola non ci si può limitare alle strade asfaltate. Il fuoristrada è l’unica via per raggiungere luoghi che, senza una moto, potremmo vedere solo su Google Maps. Pneumatici tassellati d’obbligo quindi. Più si osa con la tassellatura, meno problemi si avranno e maggiore sarà la serenità con cui imboccare i sentieri. Meglio se su moto con ruota anteriore da 21”.
Tra giugno e agosto l’abbigliamento consigliato per un viaggio in Sardegna in moto è un completo estivo totalmente ventilato, in certe zone si possono toccare i 40°C. È sempre bene avere con sé almeno una giacca impermeabile per proteggersi da acquazzoni imprevisti o per gli spostamenti serali, quando la temperatura può calare di quindici gradi o più. Lo zainetto con sacca idrica è un ottimo alleato, soprattutto per chi soffre molto il caldo o è abituato a bere parecchio. Potersi dissetare in ogni momento è una comodità non da poco e riduce drasticamente il rischio di disidratazione, a tutto vantaggio della sicurezza.
Più si è inclini al fuoristrada più importanza assumono gli stivali protettivi. Uno stivale tecnico adventure o off road puro potrà non essere il massimo della praticità per una vacanza, ma ringrazierete quando ci sarà da appoggiare i piedi tra le pietre per sostenere duecento e più chili di moto.
La quantità di bagagli dipende chiaramente dalla durata prevista del viaggio. L’ideale è dotarsi di una borsa morbida e bella capiente da legare sul portapacchi, per non dover fare i conti con le borse laterali, che aumentano l’ingombro della moto e non sono l’ideale quando si guida tra gli arbusti. Attenzione alla fase di ancoraggio alla moto: il ragno elastico è comodo ma non è sufficiente, impieghiamo tutte le cinghie che ci sembrano necessarie. Non sottovalutare gli scossoni durante la guida, meglio impiegare cinque minuti in più al mattino per fissare tutto a regola d’arte, che doversi fermare per strada a sistemare borse cadenti.
Una borsa da serbatoio piccola o media è perfetta per riporre gli oggetti d’uso più frequente, quali portafogli, compatta fotografica e simili. Le borse grandi da serbatoio sono comode per la capienza, ma possono infastidire nella guida in piedi.