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    Un viaggio attraverso il deserto verso la Casamance, per portare aiuto ai villaggi del Senegal

    Di Maurizio D'Addona | 10 novembre 2023 | 1 min
    Moto: Honda Transalp 650 del 2006
    Chilometraggio: 6.000 km
    Difficoltà: media, richieste esperienza di guida in temperature elevate e preparazione di guida in fuoristrada su sabbia
    Durata: 18 giorni
    Periodo dell'anno: fine aprile - inizio maggio
    Meteo: sempre soleggiato
    Temperature: 17°C - 50°C
    Equipaggiamento essenziale: giacca e pantaloni a 3 strati, casco adventure, stivali adventure o da fuoristrada, intimo tecnico, scorta di viveri, acqua e benzina

    Maurizio D’addona e Silvia Galeazzi

    Gli autori

    Siamo di Reggio Emilia, appassionati di viaggi e di esplorazioni, condividiamo le nostre avventure sul profilo Instagram @maurisilviamototravellers. Amiamo la montagna e siamo spesso sul nostro Appennino tosco-emiliano, ma vogliamo girare il mondo sempre sulla nostra moto e ad aprile 2023 abbiamo realizzato il primo sogno, andare in Africa in moto per una ONG. Abbiamo unito il viaggio che sognavamo alla beneficenza, e speriamo che questa sia solo la prima di tante missioni. 

     

    La preparazione della spedizione 

    Partire per questo viaggio in moto in Africa non è stata una passeggiata. Innanzitutto, perché non è stato un semplice viaggio, dovevamo portare a termine una vera missione. Volevamo andare in Africa, per un’esperienza in moto ma allo stesso momento per fare del bene; così abbiamo contattato la ONG Bambini del Deserto per capire dove avremmo potuto portare il nostro aiuto e ci hanno parlato della Casamance, una regione geografica del Senegal meridionale. Abbiamo raccolto i fondi necessari per avviare una piccola impresa tessile in un villaggio vicino a Sedihou; per 4 mesi, da gennaio ad aprile, nel nostro tempo libero siamo stati dediti solo a questo, oltre naturalmente all’organizzazione e alla preparazione del viaggio in sé.  

    La raccolta fondi è stata un grande successo: l’obiettivo era raccogliere 5.000 € per far partire il progetto e ne abbiamo raccolti invece 8.000, così siamo anche riusciti ad acquistare la moto che ci serviva per il viaggio in modo da poter tornare in aereo visto il nostro tempo limitato. La moto l’avremmo lasciata a Dakar come donazione.  

     

    Viaggio in moto in Africa, cosa portare? 

    Dainese ci ha aiutato molto perché ci ha fornito l’abbigliamento giusto: giacca e pantaloni a 3 strati, modulabili e adatti a tutti i climi, dal freddo piovoso al caldo del deserto, poi stivali adventure, casco e intimo tecnico. Il completo a 3 strati, detto anche 4 stagioni, è stato perfetto: siamo partiti dall’Italia con circa 10°C e anche nel nord del Marocco non è stato affatto caldo; poi ci siamo spinti sempre più a sud e con l’innalzarsi delle temperature abbiamo usato giacca e pantaloni nella configurazione più ventilata.  

    Ad ogni paese il proprio attraversamento animali
    Ad ogni paese il proprio attraversamento animali

    Ci siamo attrezzati con borse morbide, per poter contenere più materiale ma soprattutto per poterle agevolmente riportare indietro in aereo. Il bagaglio comunque è stato molto essenziale: intimo, poche magliette, un pantalone lungo e uno corto a testa e un beauty pieno di mini-size, la cosa che non doveva mancare era la protezione solare. Ci siamo portati anche il fornellino da campeggio, la macchina del caffè e viveri essenziali per le situazioni più estreme, e devo dire che ci sono tornati utili.  

    L’itinerario è stato molto semplice da redigere: da Tangeri dritti puntando verso sud, e dall’Italia abbiamo prenotato gli alloggi solo per le prime due notti.

     

    La partenza: il traghetto Genova – Tangeri  

    Siamo carichi d’emozione. Dopo averlo tanto sognato, desiderato e dopo tutta la fase di preparazione, finalmente inizia il nostro viaggio in moto verso il Senegal. Siamo i primi in fila davanti alla nave e appena salpati già scalpitiamo per riprendere la nostra moto e iniziare a macinare chilometri. Durante la navigazione iniziamo a sviluppare una dote fondamentale che servirà durante tutto il viaggio: la pazienza. Ci imbarchiamo sul traghetto alle 14 del 22/04 e sbarchiamo a Tangeri il 24/04 alle 22. 

     

    Il viaggio prende vita 

    Arrivati la sera tardi al porto di Tangeri, vogliamo solo raggiungere in fretta la nostra prima tappa ad Assilah. Abbiamo prenotato fuori Tangeri in modo da essere già sulla strada nella direzione giusta domattina. È notte, ma vedere già i cartelli in arabo, i tetti delle moschee illuminati di verde ci fa capire che abbiamo cambiato continente; siamo emozionati e si respira già un’aria diversa. Domattina ci metteremo in cammino per Marrakech, ci aspettano circa 550 km.  

    Le strade in questa zona sono belle, ma decidiamo di prendere l’autostrada per accorciare il tragitto. Partiamo con i completi in versione invernale, vicino all’Oceano al mattino la temperatura è fresca; più ci si addentra nell’entroterra verso Marrakech più la temperatura sale. Arriviamo a destinazione verso le 18; più o meno tutti le giornate saranno così: in moto tutto il giorno per arrivare il prima possibile al termine della tappa. Abbiamo 13 giorni per arrivare in Casamance, il nostro obiettivo, e vogliamo restarci almeno due giorni, per poi ritornare verso Dakar e prendere l’aereo di ritorno. Dobbiamo rispettare la data del 9 maggio, giorno di partenza verso l’Italia.  

    La vastità del deserto intervallata da dromedari
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    Marrakech, la “nostra” prima città 

    Intanto, ci godiamo la nostra prima serata in una grande città del Marocco, Marrakech, perdendoci tra le viuzze dove tutti guidano motorini, tuc-tuc, e altri improbabili mezzi a motore e in mezzo a quel caos ci tuffiamo anche noi, la sensazione è inebriante! Tornati al nostro Riad consultiamo la strada e scegliamo il fine tappa per domani; questo momento serale diventerà una costante nel nostro viaggio: studiare l’itinerario e prenotare per il giorno successivo. In alcuni casi in realtà finiremo per prenotare addirittura il giorno stesso per la sera, sempre con il nostro fido alleato Booking. Non effettuiamo una scelta del tutto casuale, i nostri alloggi devono avere almeno due caratteristiche fondamentali: costare il meno possibile e avere il parcheggio per la moto. 

     

    Guidando a fianco dell’Oceano Atlantico 

    Il giorno successivo partiamo in direzione Tifnit, un villaggio di pescatori sull’Oceano Atlantico a sud di Agadir. Il viaggio è bellissimo, sempre con l’Oceano alla nostra destra, il vento, il paesaggio che cambia e da verde diventa sempre di più color terra; non siamo più in autostrada ma sulla via costiera, inizia ad essere tutto più selvaggio, capre e mucche qui sono i veri proprietari della strada, iniziamo a vedere anche i primi dromedari.

    La nostra Transalp in contemplazione del deserto
    La nostra Transalp in contemplazione del deserto

    Passiamo la notte in un eco lodge sull’Oceano e proviamo anche a fare il bagno ma l’acqua è veramente fredda, ci limitiamo a bagnarci i piedi. Ceniamo nella cucina della proprietaria che ci prepara una Tajine deliziosa, in compagnia di una famiglia francese che soggiorna lì. Quante belle conoscenze si fanno in viaggio! 

     

    Una tappa al magnifico Legizra Arch 

    La nostra prossima meta è Tan-Tan Plage ma sappiamo di dover far tappa al Legzira Arch, un luogo imperdibile. Abbiamo visto tante foto di questo meraviglioso arco naturale interamente costituito di sabbia, ma ammirarlo dal vivo è una grande emozione, è imponente e guidare la moto sulla spiaggia e passarci sotto ci fa addirittura piangere di gioia sotto il casco. Tan-Tan Plage sembra un paese disabitato, talmente poco turistico che facciamo fatica a trovare da mangiare la sera, ma è un punto di passaggio forzato, domani partiremo presto avremo tanto altro da vedere. 

    La tappa successiva va da Tan-Tan Plage a Layoune. Qui iniziamo ad imbatterci nelle prime vere dune del deserto; per la strada c’è sempre meno gente, siamo noi, i cammelli e i soliti posti di blocco all’ingresso delle città. A proposito, se volete intraprendere un viaggio come il nostro non dimenticatevi le fiches compilate: un foglietto con riportati tutti i vostri dati e quelli della moto da consegnare alle forze dell’ordine al posto di tutti i documenti, così sarà molto più semplice il passaggio, troverete vari esempi su internet. Layoune è una città che fa parte del Sahara Occidentale, contesa con la Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi, è una città più moderna e troviamo da dormire in un hotel nuovo e a tutti gli effetti occidentale. 

     

    Ci svegliamo e puntiamo verso Dakhla. Ora iniziamo davvero a percepire il deserto, abbiamo sempre l’Oceano alla nostra destra e il vento soffia fortissimo. Arriviamo nella Valle di Dakhla e rimaniamo ipnotizzati dalle dune che ci circondano, sembriamo soli al mondo, non passa un’automobile e ci fermiamo a fare mille foto, sempre vestiti di tutto punto perché il vento e la sabbia sferzano contro di noi. Proseguiamo e torniamo al cospetto dell’Oceano Atlantico, ci sono un sacco di surfisti e kitesurfer e guidiamo su una lingua di terra che corre con il mare da entrambi i lati; Dakhla è una deviazione, domani dovremo rifare la stessa strada per tornare indietro essendo questa una penisola, ma ne vale veramente la pena, anzi, se potessimo ci tratterremmo un giorno in più. 

     

    La prima frontiera, dal Marocco alla Mauritania 

    Quella successiva è una tappa impegnativa: dobbiamo entrare in Mauritania e attraversare la nostra prima frontiera; ma prima un altro significativo traguardo, un punto di passaggio per tutti i viaggiatori: il Tropico del Cancro. Siamo ormai nel vero deserto ma sentiamo ancora il vento e il profumo dell’Oceano vicini. Lasciamo il segno del nostro passaggio, un adesivo con il nostro simbolo e anche quelli dei nostri amici e di Bambini nel deserto. Ma dobbiamo ripartire, la Mauritania ci attende.  

    Il punto di passaggio del Tropico del Cancro
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    Arriviamo alla frontiera di El Guergarat che è circa mezzogiorno e la troviamo chiusa per il pranzo e la preghiera; aspettiamo un’ora nell’unico bar-ristorante e poi inizia l’avventura. Per uscire dal Marocco ed entrare in Mauritania tra un controllo e l’altro impieghiamo circa 3 ore, oltretutto ci facciamo aiutare dal cosiddetto “passeur”, che dovrebbe agevolare l’uscita e l’entrata ma l’attesa è comunque lunghissima, sempre sotto il sole cocente ed entrando in uffici che sembrano usciti da un film di Tarantino. Peccato non aver potuto scattare qualche foto, è assolutamente vietato. 

    Attraversiamo la terra di nessuno, una porzione di deserto dove ci sono ancora le mine antiuomo e che bisogna prestare grande attenzione ad attraversare. Sono solo pochi chilometri ma incutono timore, non c'è nessuno, solo carcasse di auto abbandonate. 

    Finalmente fuori, siamo in Mauritania. Appena arrivati attraversiamo un passaggio a livello e ci fermiamo subito perché sta passando il treno più lungo del mondo! È un treno lungo 3 km che trasporta polvere di ferro, la sua traversata è lunga oltre 700 km e taglia in due il deserto del Sahara, è veramente lunghissimo e abbiamo il tempo di fare qualche foto. Sentiamo la terra che trema, c’è anche chi sale sul treno al volo e trova posto direttamente sui cumuli di polvere di ferro, ovviamente bardati come i Tuareg. Il passaggio è gratuito e viene utilizzato dai mauritani per spostarsi all'interno del paese e da qualche avventuriero.  

     

    Una cena in un locale “tipico” 

    Noi proseguiamo il nostro viaggio e arriviamo a Nouadhibou per la notte. Qui è tutto diverso dal Marocco: la città sembra quasi abbandonata, sembriamo essere gli unici stranieri, le strade sono tutte di sabbia e dobbiamo girare un po’ per trovare un posto dove mangiare. Alla fine troviamo un “locale”, vediamo gente entrare e decidiamo di imitarli, chiediamo una birra ma in Mauritania l'alcol è vietato e nessuno lo vende. In ogni caso ci offrono una Heineken in lattina, ma a 15 euro! Rifiutiamo gentilmente e andiamo a letto presto, l'indomani attraverseremo il Deserto Mauritano, 550 km da Nouadhibou a Nouakchott, capitale della Mauritania, la tappa più impegnativa. 

     

    Il deserto in moto: mai sottovalutare il caldo 

    La mattina ci svegliamo presto, pronti a partire abbiamo un piccolo inconveniente con la nostra Transalp: si è bloccata la serratura del bloccasterzo e la chiave non entra, proviamo e riproviamo e solo dopo svariate spruzzate di lubrificante riusciamo a farlo funzionare, deve essere entrata un po’ di sabbia… Intanto ci avviamo già con un’ora di ritardo sulla tabella di marcia; prendiamo la strada e appena usciti dalla città siamo di nuovo nel deserto, il sole picchia e c'è anche un forte vento che addirittura inclina la moto, si fa fatica a tenerla dritta. Procediamo con il vento contro e per strada non c'è nessuno, solo noi e il deserto ovunque volgiamo lo sguardo; la sabbia spesso arriva in strada, ci sono tantissimi dromedari, le solite capre e mucche che spesso stazionano nel bel mezzo della carreggiata e non si vogliono spostare, i dromedari invece galoppano forte appena gli arrivi vicino. 

    Uno spettacolo di colori e parapendii
    Uno spettacolo di colori e parapendii

    Siamo partiti con una buona scorta d’acqua da bere ma dopo poco è già bollente; ci fermiamo nell'unico distributore che incontriamo per fare rifornimento ma non ha benzina, per fortuna abbiamo con noi le taniche. Facciamo comunque il pieno d’acqua e acquistiamo saggiamente un pacchetto di biscotti e alcuni datteri, ancora non sappiamo che non mangeremo altro in tutto il giorno.  

    Proseguendo non incontriamo più paesi o villaggi, solo deserto, ipnotico e sempre più caldo, ci siamo allontanati dall'Oceano e si sente. Iniziamo a vedere i miraggi, la strada che là in fondo sembra liquida, ma di acqua nemmeno l’ombra, cerchiamo un distributore, un piccolo negozietto ma non c'è niente di niente, ogni tanto qualche tenda ma nulla più. 

     

    E infine la salvezza… 

    Abbiamo così caldo che ci sentiamo bruciare dentro, in questo periodo la temperatura avrebbe dovuto essere sui 35°C invece oscilla dai 48 ai 50°, iniziamo a sentire la nausea e le palpitazioni ma non ci diciamo niente l'un l'altro e ci sussurriamo che stiamo bene per farci coraggio. Vogliamo solo arrivare ma siamo ancora a metà strada, dovremmo fermarci ma non c'è niente. Ad un certo punto vediamo un casottino con un vecchio fuoristrada parcheggiato davanti e vi puntiamo diretti; diciamo solo "salamaleku" (equivalente del nostro “buongiorno”) e loro capiscono subito che abbiamo bisogno di bere, ci danno acqua, due bottiglie ce le versiamo direttamente addosso e nelle altre 2 sciogliamo i sali minerali. Vedendo che siamo molto provati ci distendono un tappeto all'ombra della baracca, l'unica ombra che c'è, per farci riposare, ci offrono il tè alla menta. Sostiamo per circa mezz'ora e rinfrancati siamo pronti per riprendere il viaggio. 

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    Ripartiamo e il caldo è ancora infernale, come avere un phon puntato addosso, ma quando finalmente ci riavviciniamo al mare ci sembra di rinascere, la temperatura cala solo leggermente ma ora c'è il vento a muovere l’aria. 

     

    Il ritorno nella civiltà e l’ingresso in Senegal 

    Verso la capitale iniziano a spuntare i primi lampioni, incredibili in mezzo al deserto, poi la strada si allarga, diventa a più corsie, s’incontrano più auto e nel giro di poco siamo nel traffico di Nouakchott. Questa sera dormiamo a casa di un mauritano che affitta stanze, passiamo la serata con lui e ci cucina anche la cena; è sempre bello conoscere la gente del posto e confrontarsi con le loro usanze, un'esperienza autentica. 

    La mattina dopo si parte presto, dobbiamo attraversare la frontiera per il Senegal e non vogliamo trovarci nella situazione dell'altro giorno. Imbocchiamo la pista di Diama, 80 straordinari chilometri di sterrato che passano in mezzo alla Parco Nazionale di Diawling; bisogna fare un biglietto di entrata al parco che costa 7 euro e poi vi troverete in mezzo alla natura con gli animali che passeggiano tranquillamente, attenzione solo ai facoceri che attraversano la strada! Anche la frontiera alla fine del Parco risulta più scorrevole di quella dell'altro giorno e in circa 1 ora usciamo dalla Mauritania ed entriamo in Senegal.  

     

    Dopo il deserto, una natura rigogliosa 

    Siamo carichissimi, vediamo nuovamente il paesaggio cambiare, dopo il deserto qui c'è finalmente tanto verde; arriviamo a Saint-Louis e sentiamo veramente la differenza con la Mauritania, qui ci sono musica, colore, allegria, è una città che ti conquista e dove si respira il sapore vero dell'Africa. Rimarremo qui volentieri un'altra notte ma la nostra missione ci chiama, anzi ci chiamano davvero al telefono per comunicarci che domani dovremo fare una deviazione verso il centro del Senegal per questioni legate alla donazione della moto; ci dovremo dirigere verso la prefettura di Tienabà, quindi niente Dakar come avevamo programmato. 

    Anche questa si rivela una giornata impegnativa, percorriamo tanti chilometri in più poi per ritornare sulla nostra strada e per arrivare il più possibile vicino al confine col Gambia. Giungiamo a destinazione che sono le 22, siamo stremati e vogliamo solo andare a letto. 

    Il giorno dopo ci aspetta l'attraversamento del Gambia, per arrivare finalmente in Casamance a CasaBio, il nostro obiettivo, un centro di formazione agroturistica e fattoria didattica. Ci avevano terrorizzato parlandoci dell'attraversamento del Gambia, sostenendo che fosse una frontiera particolarmente corrotta, ci avevano consigliato di pagare e non fiatare e che ci sarebbero potute volere molte ore di attesa; noi, invece, forse perché siamo in moto o forse perché un po’ fuori luogo in questo contesto, incontriamo solo gente simpatica, tutti quelli che ci fermano vogliono conoscere la nostra storia, il nostro viaggio e ci fanno gli auguri. Il Gambia è il più piccolo paese dell'Africa continentale ed è un'enclave anglofona, per noi è strano dopo tanti giorni di francese passare immediatamente all'inglese, ma troviamo solo persone cordiali. 

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    L’arrivo in Casamance: la destinazione è raggiunta 

    In Casamance siamo nel mezzo della savana, la strada inizia ad essere dissestata, incontriamo continuamente lavori in corso, stanno costruendo la strada principale, ma ci sono deviazioni e si torna sempre sullo sterrato di terra rossa, che si alza e ti avvolge in un polverone. È uno sterrato però pieno di dossi e fresato di recente, le vibrazioni non danno tregua; questa è la strada più impegnativa che abbiamo affrontato, oltretutto qui è di nuovo molto caldo e umido.  

    Ci fermiamo per una sosta, per pranzo abbiamo solo dei manghi comprati da una signora con un banchetto lungo la strada, ma sono veramente deliziosi. Ci guardiamo attorno e siamo sotto ad un baobab gigantesco, in mezzo alla savana, con le scimmie che si arrampicano sui rami sembra di essere in un documentario di quelli che guardavamo comodamente dal divano di casa e invece è tutto vero e bellissimo. 

    Arriviamo a CasaBio, quasi al confine con la Guinea-Bissau, molto in ritardo sulla nostra tabella di marcia e ad aspettarci c'è solo Francesca, la referente italiana del progetto. È comunque un'emozione incredibile, ci mostra tutto e poi ci accompagnano per la notte in un lodge lì vicino, in macchina! È la prima volta che lasciamo la moto e siamo francamente contenti di farci trasportare per un po'

    Non è un addio, ma un arrivederci!
    Non è un addio, ma un arrivederci!

    Missione compiuta. L’emozione di poter dare un contributo 

    Il mattino dopo ci tornano a prendere per tornare e CasaBio ed eccoci arrivati al compimento della missione. Vedere il nostro progetto realizzato e guardare negli occhi direttamente le donne che ne beneficeranno è il momento più potente di tutto il viaggio. Percepire il risultato dei nostri sforzi, dell’impegno, del lavoro che avevamo fatto a casa, è una soddisfazione enorme e soprattutto la felicità di queste persone ci riempie il cuore. 

    Siamo con loro a pranzo, hanno cucinato per noi, ci cantano le canzoni tradizionali e balliamo assieme: è davvero un giorno magico. Quando poi visitiamo il villaggio dove vivono e incontriamo anche i bambini capiamo che non è finita qui, noi torneremo. C’è tanto da fare e dopo avere osservato le condizioni in cui vivono non possiamo fare finta di niente.  

    La nostra avventura volge al termine, è l'ultima notte qui e già ci piange il cuore. Dovremo risalire verso Dakar, dove lasceremo la moto e prenderemo l'aereo di rientro in Italia. Il giorno dopo, ripensando a tutta la strada fatta fin qui, scorrono nella nostra mente le immagini del Marocco, del deserto, delle dune infinite, della savana, del villaggio e a malincuore ci dirigiamo verso Dakar, dove ci aspetta Carlo, un volontario di Bambini del Deserto che prende la moto in consegna e ci accompagna all’aeroporto.  

    Ciao Senegal, ciao Africa! Questo non è un addio, è un arrivederci. 

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