Erano gli anni ‘70 e le moto già correvano veloci. I piloti di allora erano generalmente eroi sprezzanti del pericolo. Sfrecciavano e saltavano tra muretti, marciapiedi e pali della luce. Ma non tutti.
Non tutti gareggiavano come se non ci fosse un domani. Fu proprio quello il periodo in cui la sicurezza iniziò a diventare un tema rilevante nel mondo delle corse.
Furono due menti, su tutte, a permettere allo sport di compiere il suo primo grande passo in direzione della modernità. Lino Dainese e Barry Sheene a dare vita al primo paraschiena da moto della storia. Bazza espresse una necessità, Dainese progettò una soluzione che sarebbe diventata fondamentale per tutti, non solo per i campioni del motomondiale.
Il primo paraschiena vide la luce nel 1979. Nei quarant’anni seguenti la sua evoluzione non si è mai arrestata. Un prodotto che agli inizi sembrava futuristico e fuori dal suo tempo è diventato molto velocemente parte imprescindibile del corredo di ogni motociclista. Il paraschiena è un oggetto irrinunciabile, tanto quanto casco, guanti e stivali. Qualcosa che fa pensare come si potesse farne a meno quando non esisteva.
Sin dall’inizio Dainese ha avuto la più autorevole fra le fonti d’ispirazione: la natura. Chi meglio, nel corso di milioni di anni, ha saputo sperimentare e trovare soluzioni ad ogni genere di sfida? Nel ‘79 fu l'aragosta a prestare idealmente il suo carapace per dar vita al primo paraschiena. Una serie di placche rigide ad incastro, estremamente protettive ma in grado di conservare la giusta libertà di movimento. Il guscio del crostaceo, con i dovuti adattamenti, fu replicato in materiali plastici. Per questo il nome è un tributo alla prima ispirazione: Aragosta.
Con la strada ormai segnata, Dainese proseguì traendo spunto da altre soluzioni del mondo naturale, come le corazze dell’armadillo e del pangolino, due rari mammiferi protetti da squame rigide con altissima mobilità che scorrono fra loro. Poi i frattali, il linguaggio usato dalla natura per creare strutture complesse, come il fiocco di neve, il cavolo romanesco, i fulmini.
La ricerca tecnologica e la crescente padronanza nella lavorazione dei materiali hanno portato a soluzioni sempre più raffinate e sempre più vicine alle reali necessità degli utilizzatori. Al punto da poter differenziare l’offerta per soddisfare ogni tipo di esigenza.
Dainese nel 1979 presenta il primo esemplare di paraschiena. Si ispira al guscio delle aragoste, e da loro prende il nome. Unisce uno strato in morbida gommapiuma e una serie di placche rigide ad incastro, utili a dissipare la forza degli urti su una zona più ampia. È scienza applicata, una rivoluzione...
La certificazione delle doti protettive presso un ente esterno è da sempre uno dei pilastri su cui Dainese fonda il suo modo di lavorare e di sviluppare i prodotti. Tutti i paraschiena qui elencati rientrano nella norma EN1621.2 Livello 2, quindi il più elevato (in EN1621.2 il secondo 2 non indica il livello, bensì il fatto che si tratti di un protettore per la schiena, altri numeri indicano diverse parti del corpo).
Per raggiungere la certificazione di Livello 2 un protettore deve superare test d’impatto molto severi. La forza impressa al paraschiena è di 50 Kn, in diversi punti della superficie. Il risultato medio della forza trasmessa al corpo non deve essere superiore a 9 Kn.
Esiste poi la distinzione tra protezioni Central Back e Full Back, che distingue tra quelli che coprono solamente la colonna vertebrale e quelli che, nella zona superiore, si allargano proteggendo una maggiore superficie della schiena.
È utile ricordare inoltre che protettori rigidi e morbidi con lo stesso livello di certificazione possiedono equivalenti capacità di assorbimento degli urti. Non è quindi corretto affermare che un protettore rigido sia capace di assorbire più forza rispetto ad uno morbido. È vero invece che differenti e materiali e strutture sono studiati per incontrare le diverse esigenze personali di differenti tipologie di motociclista.
La capacità di disperdere l’energia di un urto è la caratteristica principale di un protettore. Maggiore è la sua capacità di assorbire e disperdere la forza degli impatti, minore sarà la forza trasmessa al motociclista, e quindi l’urto percepito. Il livello di sicurezza di un protettore aumenta con la sua capacità di dispersione della forza.
Un protettore leggero può essere vestito più comodamente e per più tempo, senza affaticare nella guida e nei movimenti in sella. Anche in questo caso si tratta di un fattore molto importante per la sicurezza: un motociclista meno affaticato e libero nei propri movimenti sarà più pronto in caso debba rispondere ad un pericolo sul percorso.
Vestibilità ed integrazione con la giacca o la tuta sono caratteristiche fondamentali per consentire la maggiore libertà di movimento e minor ingombro possibile. Assicurarsi che il paraschiena si adatti al meglio al proprio abbigliamento è importante per essere certi di avere sempre a massima naturalezza nei movimenti sulla moto, e il minor fastidio possibile.
Esistono diverse misure e tipologie di paraschiena, che offrono una diversa area di copertura sul corpo. Se è ovviamente vero che maggiore è l’area coperta maggiore sarà la superficie protetta, bisogna comunque ricordarsi che è fondamentale scegliere il giusto equilibrio tra copertura e libertà di movimento per puntare al massimo livello di sicurezza generale.
Pro Speed è l’ultimo nato in casa Dainese. La sua struttura è precurvata ed è libera di effettuare torsioni laterali e longitudinali. Le placche esterne sono in polipropilene, traforate per il 28% della superficie per permettere uno scambio di calore ottimale. Il cuore di Pro Speed è l’anima in alluminio a nido d’ape, la struttura che assorbe gli urti più efficacemente in rapporto al suo spessore. Lo strato più interno è realizzato in EPP – polipropilene, una schiuma poliuretanica concettualmente simile all’EPS dei caschi.
Pro Armor è l’unico paraschiena Dainese da moto non costituito da placche rigide. È un protettore morbido, realizzato in carbo-elastomero. Le sue geometrie si ispirano ai frattali, il linguaggio usato dalla natura per creare strutture complesse. Questa struttura permette di essere leggero, flessibile e altamente resistente agli impatti. I quattro tendini-snodi che collegano i pannelli permettono una grandissima capacità torsionale, estensioni laterali e longitudinali. La sua particolare composizione permette di dissipare parte della forza dell’impatto sotto forma di calore. Grazie alla struttura ispirata ai frattali, il 43% della sua superficie è traforata, per uno scambio d’aria e calore senza paragoni.
Wave D1 Air è il paraschiena inseribile nelle tute in pelle, utilizzate anche dai piloti di MotoGP. La sua corazza esterna è formata da placche rigide ondulate che richiamano il guscio dell’armadillo, una soluzione perfetta per dissipare la forza degli impatti su una zona più ampia. Come Pro Speed, presenta un’anima a nido d’ape in alluminio, capace di offrire grande protezione da ogni impatto con una struttura leggerissima. Lo spessore ridotto è un altro dei suoi punti di forza che gli permette di integrarsi al meglio all’interno delle tute.
Manis D1 è il paraschiena che fa dell’ampiezza della copertura la sua caratteristica principale. Nella zona superiore si estende lateralmente oltre la colonna vertebrale, garantendogli la certificazione Full Back. Il suo guscio esterno è ispirato alla corazza del pangolino, un mammifero ricoperto di squame rigide e protettive che si muovono una sopra l’altra, garantendo grande mobilità senza influire sulla protezione. La sua imbottitura localizzata a più strati garantisce eccellente assorbimento degli impatti e grande comfort. I tendini laterali permettono ottime doti di flessione, torsione e libertà di movimento.
A ognuno il suo, si dice, e in tema di protezioni non si fa eccezione. Leggerezza, traspirabilità, copertura e assorbimento degli impatti. Non ci sono scuse: ogni esigenza oggi trova riscontro grazie a tecnologie sempre più avanzate, capaci di condensare in un protettore da pochi grammi un bagaglio d’esperienza sviluppato in quasi cinquant’anni al servizio dell’uomo in condizioni estreme. Il paraschiena non è un accessorio, è qualcosa di cui non si può fare a meno. Ognuno scelga il suo.