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    Un viaggio tra le montagne più alte del pianeta

    Di DemoneRosso | 08 febbraio 2021 | 1 min

    Solo amare alla follia la moto e la montagna può portare a fare un viaggio così. Perché l’Everest non è una meta, è La metaVolare verso l’Himalaya a fine dicembre per iniziare un viaggio unico, da Lhasa, la principale città del Tibet, regione della Cina, all’Everest Base Camp. Un pizzico di follia ci vuole, non c’è dubbio. 

    Ma perché a fine dicembre? Non perché ci piaccia viaggiare con temperature proibitive, non proprio. Abbiamo deciso di andare in inverno perché c’è molta più probabilità di riuscire ad avvistare la cimaLa stagione caldatra giugno e settembreequivale a quella dei monsoni. Nubi e neve in quota tengono costantemente incappucciata la piramide sommitale e i giorni di cielo terso, intorno alla sua vetta alta 8.848 m, sono pochissimi.  

    Il viaggio prevede tappe giornaliere di circa 300/400 km, anche in fuoristrada, con temperature da zero a -20 °C. pernottamenti sono in strutture chiuse da mesi, in quanto siamo fuori stagione per turisti e alpinisti, che solitamente frequentano la zona in primavera: ciò significa che sono gelate, letteralmente.  

     

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    Vestirsi come si deve non è solo consigliabileè un imperativo. Ci sono due livelli di scelta dell’abbigliamento: puoi coprirti bene, con l’obiettivo di resistere e non morire assiderato, oppure fare uno step in più, dotandoti di tutto quello che può portarti, anche in condizioni così estreme, verso il comfort termico. La differenza è che, se viaggi bene anche con -20 °C, allora potrai guidare e gustarti le strade e i panorami senza pensare al fatto che fa freddo. Perché sì, fa freddo. quindi completo touring invernale in Gore-Tex, per il massimo dell’isolamento dall’ambiente esterno e da eventuale maltempo, imbottitura in piuma d’oca, il meglio per far fronte al freddo, quello vero, poi strati tecnici per cercare di ottenere un comfort ottimale anche in condizioni proibitive. 

    Quando sei lì, al sicuro dentro il tuo microclima, scopri che il Tibet anche in inverno è meraviglioso, con le sue vallate, le strette gole scavate da antichi fiumi, laghi di montagna di un blu raro, montagne a vista che così belle e imponenti mai avevamo visto. Si viaggia costantemente in quota, controllando l’ossigeno nel sangue con la macchinetta sull’indice più volte al giorno, perché si parte dai 3.650 m di Lhasa e non si scende più sotto i 4.000 m per giorni, con molti passi oltre i 5.000 m. Salendo in moto non c’è il tempo di acclimatarsi lentamente, quindi è bene tenere sempre tutti i parametri sotto controllo. 

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    La meta è il Campo Base Nord, ai piedi del ghiacciaio di Rongbuk, che non puoi più raggiungere con il tuo mezzo: da circa un anno il Governo cinese ha imposto di fermare i mezzi a motore 25 km prima, poi si prosegue con bus elettrici. Stanno anche ripulendo le tonnellate di pattumiera abbandonate al Campo dalle spedizioni commerciali che puntano alla vetta: insomma, hanno deciso di preservarlo, perché si tratta sì di una grande fonte di turismo, ma è prima di tutto un patrimonio naturalistico. E a noi piace così, scendi dal bus di fronte al Monastero buddhista di Rongbuk e ti fai l’ultimo chilometro a piedi. 

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    Hai l’Everest di fronte a te, è imponente, ma non vedi di fronte a te un Ottomila, perché ti trovi già a 5.350 m e la montagna sale di altri 3.500 metri circa. Non si respira, tira un vento fortissimo, fa freddo, quello che ti lacera le labbra. Se sorridi si strappano all’istante. Ma il nostro corpo è al riparo, si resiste e allora restiamo lì mezz’ora, qualcuno per guardare la montagna, qualcun altro per una riflessione, qualcuno per una preghiera, qualcun altro per un pianto. Di quelli liberatori.  

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    Non è stato così difficile arrivare qui, ma è stato bello arrivarci e vedere la montagna libera dalle nubiChomolungma, nome tibetano dell’Everest, è un luogo che significa qualcosa, come pochi altri nel mondoda qui sono passate storie, lacrime e speranze in fiumi di persone che erano lì per un motivo, sognatori, atleti, chi per sfida, chi per bisogno di rivincita. Qui in tanti hanno perso la vita, anche loro per sfida, con sé stessi o contro i propri demoniQuesto luogo ti lascia un’emozioneE gli strati che ci isolano dal freddo non le tengono fuori. Quelle le lasciano entrare. E ora che sono dentro di noi, dentro di noi rimarranno per sempre. 

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