Quanto ci mancano l’aria pura, la strada, la moto? Quando arriverà il momento dovremo essere pronti, bisogna che la moto sia pimpante e splendente, e bisogna già sapere dove puntare la ruota anteriore. Non sarà un giretto banale, questo è certo.
La meta deve essere un passo, anzi un nastro di curve e tornanti che salga al passo più bello del mondo. Già, ma quale passo? È da tanto tempo che ragiono sulla classifica dei cinque passi italiani che valgono la giornata, e allora la riporto qui. Una classifica personale, certo: limitata, emotiva e anche parziale. Ma un punto di partenza utile per ispirarsi o per ribaltarla, a piacere.
Parto dal quinto posto e ci infilo il passo Giau, nelle Dolomiti intorno a Cortina, patrimonio dell’umanità, provincia di Belluno. Per il tracciato, la cura dell’ambiente, la qualità del fondo (parlo di pochi anni fa) e lo spettacolo delle cime di contorno, il Giau (bello alto, 2.236 metri) meriterebbe una classifica migliore, minimo un secondo posto. Ma purtroppo c’è traffico, qualcuno di noi esagera e i controlli penalizzano anche chi viene su in relax.
Al quarto posto c’è una parità che non so risolvere: passo del Cerreto (RE) e passo del Muraglione (FC), due passi appenninici che si assomigliano. I reggiani come Paolo Casoli diranno che il loro passo, che è il più alto con 1.260 metri, è il meglio; i forlivesi come Loris Reggiani sosterranno il Muraglione, di soli 900 metri ma ancora più famoso. Quello che li accomuna è che sono veri santuari dei motociclisti, e che se ci andrete il sabato e la domenica non soffrirete di solitudine. Però, per goderseli davvero, l’ideale è prendere una giornata durante la settimana, se si può.
Al secondo posto assoluto piazzo lo Stelvio. Con i suoi 2.750 metri è il passo più alto d’Italia e il secondo in Europa, l’inverno resta chiuso per la neve e non lo si può trattare come una pista perché il fondo è molto sollecitato. Ma ci sono tornato l’estate scorsa ed era molto meglio del previsto: ventuno chilometri salendo da Bormio, 36 tornanti su 1.500 metri di dislivello, una goduria sempre, anche nel traffico, anche con una moto che soffre l’altitudine. Più che un passo, è un pezzo di storia.
Ma il meglio, per me e lo sottolineo, è il passo della Cisa. Molti saranno d’accordo, altri no, è un passo appenninico come tanti, di mille metri, con il traffico locale, i radar, e il rischio di incappare negli “indigeni” che qualche volta scendono in guerra. Ma io ci sono affezionato da tanti anni, da quando non c’era l’autostrada alternativa e si faceva il “Cimento invernale” venendo su nella neve da Fornovo a Berceto. Tutte le volte che salgo alla Cisa e butto un’occhiata alla verde Lunigiana mi si apre il cuore.
E anche lo stomaco. Subito dopo mi fiondo in una trattoria che sta lì sotto, dalla Marietta, cucina meravigliosa, e poi un po’ di relax sotto i castagni. Posti così ce ne sono un po’ su tutti i passi: se vedrete più di tre moto parcheggiate, vuol dire che l’indirizzo è quello giusto.