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    Guidare la moto in modo rotondo e fluido riduce i rischi e dà una gran soddisfazione

    Di Nico Cereghini | 09 febbraio 2021 | 1 min

    Tempo fa ho letto da qualche parte una massima che a qualcuno potrebbe anche sembrare sciocca, ma per me è geniale. Il senso era più o meno questo: "Puoi dire di aver capito bene una cosa soltanto quando la sai spiegare a tua nonna". Non è un pensiero banale, è una considerazione arguta e soprattutto molto utile. 

     

    Secondo me dovrebbero impararla a memoria tutti i formidabili specialisti, di tutti i tipi, che ai giorni nostri sono sempre in tivù. E al di là del suo senso stretto, questa trovata di chiamare in causa la nonna è una cosa che mi piace da sempre, qualche volta l’ho utilizzata anch’io. 

     

    Quando voglio spiegare a un amico cosa intendo per la “bella guida” della moto, io di solito aggiungo che la bella guida non ha niente a che fare con la capacità di frenare sotto, o piegare forte, o dare tutto il gas appena possibile in uscita di curva. Questa è roba da pista e la sanno fare tutti -chi più e chi meno- mentre io mi vanto immodestamente di guidare davvero bene su strada perché sono convinto di una cosa:potrei portare in sella mia nonna senza farla minimamente spaventare. E sono proprio queste le parole che uso: nonna e spavento. 

     

    Perché per me è “bello” il guidare rotondo, fluido, con cambiate rapide e dolci, frenate progressive e morbide, lasciando lavorare il freno motore e con pochissimi trasferimenti di carico. Nella realtà la nonna in moto non l’ho mai portata, però ci potete credere: il mio passeggero, quando guido la moto così, non avrebbe nemmeno bisogno dei maniglioni a cui aggrapparsi. Potrebbe fluttuare completamente libero nello spazio, restando seduto senza alcuno sforzo sulla sella della moto. 

     

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    Poche cose mi danno fastidio come chi guida a scatti, apri tutto/chiudi tutto. Ho la giusta comprensione per chi sta imparando, perché nessuno nasce pilota finito, ma detesto gli “esperti” che tirano inutilmente le marce basse, quelli che sbagliano i tempi di ogni cambiata, quelli che non preparano minimamente il motore al rapporto più corto o che strizzano le leve dei freni come fossero molle da palestra. I loro trasportati –che siano amici, amiche o fidanzate- sono dei poveretti condannati al mal di testa, a furia di cozzare casco contro casco ad ogni manovra sbagliata. 

     
    E allora torno da dove sono partito: dovete immaginare la vostra anziana e fragile nonnina seduta un po’ tremante alle vostre spalle. E agire di conseguenza. Anzi, già che siamo in tema di parenti, c’è un altro tipo di congiunto che nel tempo ho imparato ad usare quando sono alla guida: i figli e addirittura i nipotini.  

     

     

     

     

    Da giovane circolavo senza pensieri e sulla strada ero piuttosto schematico. Tutti quanti, dai pedoni agli automobilisti agli altri motociclisti, si dividevano in due categorie: quelli capaci e quindi meritevoli di rispetto, e quelli incapaci che dovrebbero restare a casa. Sapete cosa intendo. Vedevo una bella manovra altrui e pensavo “fico”, vedevo un imbranato e pensavo “fesso”.Non avevo nessuna pietà. 

     
    Poi ho cominciato a riflettere sul fatto che quello che mi sta tagliando la strada con la macchina potrebbe essere mio figlio fresco di patente; che mia figlia potrebbe essere quell’altra ragazza agitata che ha inchiodato troppo presto appena visto il giallo. O che il mio nipotino potrebbe saltar giù dal marciapiede col triciclo perché è esuberante e le cose non le sa. Questo tipo di pensiero mi ha reso più tollerante e soprattutto mi ha reso più consapevole e prudente.Anche chi non è Valentino Rossi ha il diritto di circolare. 

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